SIBIU-EEA3
Una nuova alba

di Elio Bromuri (Agenzia SIR )

La Terza Assemblea ecumenica europea (Sibiu, 4-9 settembre)


La Terza Assemblea ecumenica europea segna un momento forte nel cammino ecumenico per la sua luminosa identificazione che la luce viene da Cristo, anzi che lui è la luce e la vita della Chiesa, delle Chiese e di ogni uomo. La luce di Cristo illumina tutti e attrae a sé i popoli. Questa convinzione non è un’ideologia, né un’opinione, ma la fede cristiana nella sua essenza e sta alla radice della missione evangelizzatrice che hanno in comune i battezzati verso tutti i popoli.
Le Chiese che si sono formate nel tempo nel solco della grande tradizione apostolica e si sono poi diversificate e divise a causa di scelte particolari e di tradizioni specifiche non devono dimenticare questa come affermazione di fede in Cristo, Dio da Dio, luce da luce, Dio vero da Dio vero, come è stato cantato nella grande piazza di Sibiu. In questa città siamo stati tutti richiamati dalla parola di Dio ad accendere i riflettori sulla sorgente prima della luce e a fare della nostra "differenza cristiana" la base della nostra comunione che supera per importanza ogni ulteriore differenza.
Le diversità ricomposte in questa luce non devono costituire ombre, ma riflessi che ne rivelano la ricchezza dei colori come il raggio che attraversa un prisma. Se diventano conflittuali e causa di divisioni e contrapposizioni possono oscurare la luce di Cristo. Questo non deve avvenire e l’ecumenismo rappresenta nel tempo lo sforzo, suscitato e sostenuto dallo Spirito perché ciò non debba più avvenire. È stato affermato come un programma solenne nella grande assemblea sotto il tendone di Sibiu: "Le nostre divisioni non devono oscurare la luce di Cristo".
Il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo ha espresso "la convinzione assoluta e irremovibile di dover fare tutto ciò che è in nostro potere per promuovere il sacro compito della restaurazione della piena comunione ecclesiastica e sacramentale tra le Chiese, basandosi sulla stessa fede, nell’amore e nel rispetto verso particolari espressioni attraverso cui si realizza la fede apostolica". E questo anche a beneficio dei popoli europei che devono essere aiutati a costruire e consolidare la loro unione attraverso il processo di riconciliazione delle Chiese: "Chiese sorelle e popoli fratelli", è stato detto. Per realizzare questo storico compito che lo Spirito ha assegnato alle Chiese del nostro tempo e che in questi anni giunge al traguardo del centenario (1910 - 2010 Conferenza missionaria protestante di Edinburgo), si sono dette moltissime e interessanti idee e proposte durante i cinque giorni di Sibiu. Ci sarà molto da meditare per tutti quando saranno pubblicati gli atti. Ma, al di là dei documenti, pur importanti per segnare le piste del cammino, c’è da notare che a Sibiu si è manifestata con evidenza l’esistenza di un "popolo ecumenico" presente nelle Chiese europee di varia denominazione.
L’ecumenismo di popolo che si era manifestato a Graz, in Austria, dieci anni fa, con più di 10mila partecipati e grande entusiasmo, anche per la riacquistata libertà religiosa dei Paesi dell’Est, non solo non è scomparso, ma è maturato e reso consapevole della fatica che l’impegno comporta. Sono pastori, teologi e fedeli che hanno preso sul serio la parole di Gesù "che siano una cosa sola" e non si lasciano scoraggiare delle differenti posizioni ecclesiologiche che permangono e saranno oggetto di studio, di dialogo e di approfondimento della immensa profondità del mistero di Cristo.
Sono ormai miglia queste persone tendenti a formare una rete che lega e comporta una sempre maggiore vicinanza tra le comunità dei credenti. Una rete attraverso la quale si trasmetta la comunicazione ideale e l’energia vitale della presenza luminosa e confortante di Cristo e del suo inesauribile e incondizionato amore. Questo popolo è formato anche da giovani che a Sibiu hanno letto un loro documento in nove punti, allegato al messaggio finale e approvato dall’assemblea in cui si dichiarano disposti a promuovere con entusiasmo lo sviluppo del lavoro ecumenico nelle rispettive Chiese.
Gli oltre 2mila delegati e tutti coloro che li hanno seguiti nei luoghi di origine sono stati chiamati ad essere dei "testimoni della luce che Cristo fa brillare per tutti", incaricati di rendere le loro comunità luoghi di testimonianza e, quindi, sorgenti di "speranza di rinnovamento e unità in Europa e nel mondo". Ce n’è veramente bisogno perché nell’orizzonte dell’Europa arida, secolarizzata e scettica, continente del tramonto, compaia una nuova alba di luce.

www.agenziasir.it

Mercoledì, 12 settembre 2007