La dottrina sociale della chiesa cattolica
I grandi viaggi di Giovanni Paolo II.

di Rosario Amico Roxas

L’esigenza dei ’toni forti’, a carico del capitalismo inumano che ritroviamo nell’Enciclica, nacque con i primi viaggi del Santo Padre nei paesi del terzo mondo, fra i popoli della fame. Lo ha ben evidenziato Luis Sabourin, un economista canadese, che collaborò alla preparazione dell’Enciclica come membro del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace:
’ Sono convinto che il Vaticano, fino ad un decina di anni or sono, non sembrava preoccupato del processo di economizzazione della società né manifestava comprensione sufficiente del fatto per cui gli uomini e le donne del nostro tempo sono divenuti sempre più dipendenti dall’essere situati in un sistema economico. Ritengo che i viaggi del Papa abbiano contribuito a far evolvere questo atteggiamento. Egli è stato impressionato nel vedere, nel Terzo Mondo, fino a che punto tanta gente è emarginata e soffre: Si è posto la domanda: ’Come è possibile vivere una qualsiasi vita religiosa quando non si è nemmeno capaci di vivere ?’
E’ avvenuta, così, una trasformazione: negli ultimi anni si è capito che il sistema economico internazionale ha un impatto sempre maggiore sul soggetto individuale e che era importante analizzare meglio questo sistema per evitare che il discorso religioso slittasse sulla realtà obiettiva e venisse a mancare l’uomo reale’.

Ad una ulteriore spinta in avanti la Chiesa ritiene di poter dare il suo originale contributo, convinta che non sia del tutto vero che dopo il fallimento del comunismo il sistema sociale vincente sia il capitalismo, che non sembra adatto a risolvere i problemi dei vecchi e nuovi equilibri fra classi e popoli e delle nuove povertà che si affermano anche nei paesi più avanzati, promuovendo, di fatto, l’accentramento delle ricchezze nella mani di pochi oligarchi.
Ma la Chiesa non si presenta come il polo di competizione anticapitalistica: i nemici del futuro sono altri. Sono il totalitarismo e l’autoritarismo; la spinta dell’utilitarismo e le deviazioni della democrazia, quando diventa imposizione della maggioranza, quando si ritiene di poter imporre agli altri uomini la propria concezione della verità e del bene.
E’ il rifiuto di ricreare le ideologie che non nasce dall’analisi del fallimento delle ideologie stesse, bensì dalla volontà della Chiesa di aiutare gli uomini a fare storia nel concreto.
L’ambizione della Chiesa è quella di essere portatrice di una cultura di governo centrata sulla valorizzazione della ’soggettività della società’. Per secoli la preoccupazione costante della Chiesa è stata l’uomo e la soggettività della singola persona.
L’innovazione portata dalla C. A. sta nel fatto che la dottrina sociale viene indirizzata all’uomo in quanto inserito nella complessa rete di relazioni delle società moderne. L’individuo, oggi soffocato tra i due poli dello Stato e del mercato, deve ritrovare la sua vita e il suo senso nel molteplice intersecarsi dei rapporti sociali e dei soggetti collettivi in cui si coagulano tali rapporti:

• la famiglia, come principale sede della cultura della vita e di fondamento di ogni società,
• le varie associazioni professionali,
• il sindacato, come luogo di liberazione e di promozione,
• l’impresa, vista come comunità di uomini e non solo come società di capitali.

Tutte le forme e i centri, cioè, di quella soggettività sociale che non solo fa tessuto intermedio tra Stato e mercato, ma che rappresenta anche la sola possibilità per l’uomo di ricercare il senso della vita collettiva, della solidarietà interumana.
In questa epoca di soggettività individuale esasperata, il richiamo alla soggettività sociale non è solo di ordine etico, ma è anche politico; per governare società complesse:

• occorre creare spazio sociale intermedio fra mercato e Stato,
• occorre sviluppare i soggetti sociali intermedi,
• occorre programmare riforme che siano il risultato del processo di autorganizzazione della società,
• occorre potenziare la responsabilità dei soggetti sociali.

Vladimir Ilic Uljanov, meglio conosciuto con lo pseudonimo Nikolaj Lenin, nel suo scritto ’Un passo avanti e due indietro’ del 1904 espresse un concetto che andrebbe analizzato con molta attenzione; affermò che ’la religione è l’oppio dei popoli’.
Ben lungi dal condividere la definizione di ’oppio dei popoli’, quell’affermazione ci indica come il rivoluzionario russo abbia compreso una grande verità: la religione alberga nei cuori del popolo. La sua visione anticipatrice della società era però offuscata dalle vicende russe, prima e sovietiche successivamente; il suo angolo di visuale, pur se anticipatore e limpido nell’analisi, veniva stravolto dalle conclusioni verso le quali conduceva il suo itinerario analitico e dialettico.
La sua previsione circa la formazione degli Stati Uniti d’Europa, descritta nell’articolo pubblicato sul ’Sozial-Demokrat’ del 23.agosto del 1916 ’Sulla parola d’ordine degli Stati Uniti d’Europa’, fu lungimirante, ma svuotata di contenuto dalla affermazione che l’esigenza degli Stati Uniti d’Europa era

legata al socialismo, fino a che la completa vittoria del comunismo non porterà alla sparizione definitiva di qualsiasi Stato.

Anche l’analisi economica dell’Occidente avrebbe potuto avere connotati più verosimili se non fosse stata limitata da una accettazione temporanea, in vista della vittoria finale del comunismo (v. L’imperialismo, fase suprema del capitalismo’, 1916).
Anche nel suo ’Sul diritto di autodecisione delle nazioni’ del 1914 anticipa quanto sta accadendo oggi con la supremazia del capitalismo spinto, negatore dell’indipendenza dei più deboli, per i quali ha programmato il nuovo ordine planetario, imponendolo con la forza.
L’intuizione che maggiormente ci interessa è quella con la quale riconosce che la religione appartiene al popolo , per cui la religiosità ha un itinerario ascendente che trova nella base popolare la sua solidità. Questo è uno dei cardini della religione musulmana di fede sunnita, che rappresenta il 90% della popolazione islamica; il capo religioso è solo una guida per la sua comunità, alla quale deve chiedere costantemente il ’consenso’ per essere accettato.
La popolazione islamica è ben diversa dalla iconografia che ci viene suggerita; nella quotidianità della vita essa rappresenta il trionfo costante nel tempo dei valori umani, della famiglia, della centralità dell’uomo, della solidarietà verso i più deboli, della fratellanza islamica.
L’Occidente è ben lontano da questi valori, particolarmente di quell’Occidente rimasto unica superpotenza planetaria, e come tale ritiene suo diritto imporre il proprio modello agli altri popoli. E’ la ragione per la quale i musulmani rifiutano il modernismo da esportazione pubblicizzato come ’migliore qualità della vita’, ma che, in realtà, spinge verso il consumismo più sfrenato a discapito delle fasce più deboli della popolazione mondiale.



Rosario Amico Roxas
[raroxas@tele2.it]



Mercoledì, 05 dicembre 2007