Dottrina sociale
La solidarietà globalizzata

di Rosario Amico Roxas

"Mentre nuvole incomprensibili si levano sull’universo cattolico, ci sembra doveroso ancorarci a quella dottrina sociale che ha cercato la massima aderenza alle esigenze del mondo, senza, tuttavia, venir meno agli insegnamenti di Cristo."


Il singolo individuo, o la singola nazione, non può raggiungere il personale sviluppo, se non attuando un mondo nel quale tutti abbiano qualcosa da dare e da ricevere; è falsa la preoccupazione che il progresso dei popoli del terzo mondo possa ostacolare lo sviluppo degli altri popoli già sviluppati.
Lo stesso bene nazionale non si può costruire in maniera autonoma, distinta dal bene delle altre nazioni, ma, per sua intima essenza, si completa nel promuovere il bene della comunità dei popoli.
Un esempio lo abbiamo avuto dopo la seconda guerra mondiale, quando l’Europa era ridotta ad un unico campo di battaglia; intervenne l’America con il Piano Marshall, che aiutò le nazioni europee a risollevarsi ed a riprendere il cammino dello sviluppo. Non fu un atto di gratuita generosità, ma un tornaconto imposto dalle regole e dalle leggi della macroeconomia; una nazione ricca in mezzo a tutte le altre nazioni povere non avrebbe trovato mercati, commerci, possibilità di ulteriore sviluppo, per questo quel Piano Marshall venne indirizzato solo ai Paesi che possedevano il potenziale per risollevarsi e diventare Paesi consumatori, oltre che produttori.
Il concetto di universalità deve riflettersi nel senso della solidarietà dilatata a tutto il mondo e non limitatamente a quella parte del mondo che può restituire con gli interessi gli aiuti ricevuti; la solidarietà, se non diventa sinonimo dello sviluppo integrale dell’umanità, resta, limitatamente, un calcolo ben studiato per fini assolutamente diversi da quelli che la sociologia cattolica propone.
La questione sociale, oggi più di quaranta anni addietro, quando venne emanata la Populorum Progressio, è diventata di dimensioni mondiali, mentre l’accelerazione dei tempi l’ha resa non più differibile, cosa peraltro intuita da Papa Montini, perché frutto di personali esperienze vissute già da Arcivescovo di Milano.
Tale indifferibilità è stata compresa dal successore Giovanni Paolo II, il Pontefice che ha portato in giro per il mondo, da missionario a tempo piano, la sociologia che la Chiesa aveva sviluppato in quasi un secolo di evoluzione.
Già il nome stesso che volle assumere Karol Woitiwa racchiude interamente il suo programma; sentì di dover essere il continuatore di Giovanni XXIII e di Paolo VI.
Si sono riversati fiumi di inchiostro per esaltare la figura di Papa Giovanni Paolo II, ma si è trattato di fiumi d’inchiostro più per scrivere che per ’dire’, perché Giovanni Paolo II ha solamente portato a compimento tutta la costruzione sociale della Chiesa, iniziata con la Rerum Novarum di Leone XIII, che si sviluppò dentro i limiti del riconoscimento del diritto di associazionismo da parte delle classi più deboli, per riuscire a contrastare l’avanzata del capitalismo.
Per comprendere i momenti oscuri del pontificato di Giovanni Paolo II è necessario tenere in grande considerazione la presenza ingombrante di Ratzinger cardinale prefetto della congregazione per la dottrina e la Fede, il cui prosieguo lo stiamo vendendo con l’elevazione al pontificato di Benedetto XVI.
Furono i pontefici Pio XI e Pio XII a proseguire l’evoluzione, anche se le guerre intermedie e l’espansionismo colonialista ne limitarono l’opera.
Successivamente Giovanni XXXIII, con l’intuizione del Concilio Ecumenico Vaticano II e con la Constitutio Conciliaris Gaudium et Spes, aprì le porte a tutti i popoli della terra; possiamo dire che fu il primo a parlare di globalizzazione, ma dell’umanesimo, non dei mercati.
Paolo VI estese a tutto il mondo i cardini della sociologia del Nuovo Umanesimo, indicando in tale sociologia il punto di partenza del ’Progresso dei popoli’.
Giovanni Paolo II ha girato più volte il mondo intero per portare ai più deboli la parola della solidarietà, predicando la teologia della Croce, della sofferenza, perché in essa c’è la purificazione e la compassione, intesa nel senso letterale della parola "passio", come atto di amore che porta a soffrire dei mali altrui come se fossero propri. Ormai vecchio, malato, proseguì la sua missione suscitando egli stesso compassione, in tutti quelli che lo ascoltavano, quella stessa compassione che lui stesso ha vissuto e che lo ha guidato verso il mondo dei derelitti, verso il popolo dei vinti.
Malgrado sofferente, offrì sempre la sua sofferenza perché fosse alleviata quella degli altri.
Ha insegnato al mondo intero che non c’è nulla di più pesante della compassione, nemmeno il nostro dolore è così pesante come un dolore che si prova con un altro, verso un altro, al posto di un altro; è un dolore moltiplicato dalla partecipazione e dalla immaginazione, prolungato da una lunga teoria di echi che risuonano nell’intimo della coscienza.
Alla soluzione, o al tentativo di impostazione programmatica, della questione sociale si oppongono aspre tensioni e implicazioni non troppo oscure, provocate dall’egoismo impositivo di pochi contro l’esigenza di solidarietà di molti.
Ai tempi della Populorum Progressio le piaghe dei popoli arretrati non erano così visibili come lo sono oggi; l’accelerazione della storia, della società, dei mezzi di comunicazione hanno ristretto il mondo. Oggi le comunicazioni in tempo reale ci fanno partecipi della vita di ognuno e anche i popoli più remoti o arretrati sono sotto i nostri occhi, così come il livello di vita dei popoli occidentali è sotto gli occhi di quanti patiscono letteralmente la fame.
Il divario economico e di qualità della vita è così grande da far sentire i popoli del terzo mondo esclusi anche dalla dignità di vivere; è l’umanesimo esclusivo, che Papa Montini chiamò ’umanesimo inumano’, che si oppone ad uno dei cardini della nuova sociologia umana, che chiameremo, per usare un termine ormai alla moda, ’globalizzazione della solidarietà’.
Sono questi i motivi che emergono e che propongono il cammino della tranquillità nell’ordine, spegnendo le tensioni e soffocando i conflitti, specialmente quando nascono per volontà di sopraffare solo per fini economici o di maggior ricchezza a discapito di quei deboli che non trovano difesa.
Nel noto discorso all’Assemblea dell’ONU papa Montini indicò in quell’organismo lo strumento di promozione e di equilibrio fra tutti i popoli della terra e incoraggiò l’ONU:

’a diffondere la cultura, a dare una moderna assistenza, a mettere a servizio di tutti le risorse della scienza e della tecnica ai fini di giustizia internazionale’



Martedì, 02 ottobre 2007