Testi, preghiere, interventi sulla teologia della liberazione |
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VIVIAMO PER MORIRE O MORIAMO PER RISUSCITARE?
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La Chiesa non annuncia
mai solo la croce e non proclama mai solo la gioiosa notizia
della resurrezione di Cristo. Croce e resurrezione costituiscono
l'unità di uno stesso avvenimento: colui che è stato
disprezzato sulla croce, è stato anche resuscitato alla gloria.
Annunciare solo il martirio della croce esalterebbe il coraggio e
l'abnegazione di un eroe in favore degli uomini, ma ci lascerebbe
senza speranza. Annunciare solamente la resurrezione genererebbe
certamente euforia ma ci lascerebbe insensibili di fronte al
destino dei crocifissi della storia. Annunciando la morte e la
resurrezione insieme, come fanno i vangeli, vogliamo professare
la vittoria della vita sulla morte e l'irruzione della luce
liberatrice a partire dalle tenebre dell'oppressione.
Possiamo comprendere a fondo il significato della resurrezione
solo se prendiamo sul serio gli interrogativi radicali del cuore.
Per tutti la morte è un enigma e un mistero. Che senso ha la
vita, se procede inesorabilmente verso la morte? Il senso che
diamo alla morte costituisce il senso che diamo alla vita. Se la
morte significa dissoluzione della vita, questa perde tutto il
suo valore.
Più angosciosa ancora è quest'altra questione: che senso ha la
morte degli innocenti, di coloro che si sono impegnati a rendere
la vita più giusta e più umana e sono stati violentemente
eliminati? Chi può rendere loro giustizia? È sufficiente un
minuto di silenzio per i martiri anonimi sacrificatisi per i
diritti degli umiliati e degli offesi? Le rivoluzioni vittoriose
non possono resuscitarli perché partecipino dei frutti del loro
sacrificio. Siamo condannati a vivere per dovere alla fine
morire? O al contrario, la morte e la resurrezione di Gesù ci
insegnano un'altra verità, che, cioè, viviamo e moriamo per
resuscitare?
Il mistero pasquale della morte e della resurrezione di Gesù
risponde a tali questioni. La vita chiama la vita; la morte non
distrugge la vita, apre solo alla possibilità di un'altra forma
di vita più alta e piena, perché realizzata nello spazio
dell'eternità. Alla fine non c'è un muro, ma una porta che si
apre. La morte violenta di quanti si sono impegnati per la
giustizia non è assurda. Apre l'accesso alla pienezza della
vita, perché Gesù è stato condannato per il suo impegno a
favore della giustizia del Regno di Dio e la sua resurrezione è
venuta a legittimare questo tipo di morte. Morire così non è
solo degno e santo. È ereditare la resurrezione, che significa
pienezza della vita umana in Dio.
Questa vita nuova non irrompe dopo la morte. È più forte della
morte, è anteriore alla morte. San Pietro, nel suo discorso
negli Atti degli Apostoli, descrive, in una frase, com'era questa
vita: Gesù di Nazaret, consacrato in Spirito Santo e potenza
"passò beneficando e risanando tutti coloro che stavano
sotto il potere del diavolo" (Atti, 10,38). Un'esistenza
totalmente dedita al bene e alla liberazione degli oppressi non
avrebbe potuto essere ingoiata dalla morte. Dio avrebbe smesso di
essere quello che è, il Dio vivo e creatore di vita.
Il trionfo della vita di Cristo è talmente potente che coinvolge
la vita di tutti coloro che assumono la sua causa: cominciano
anch'essi a resuscitare (cfr Rm 6,3-13; 8,11.17).
Paolo evidenzia il fatto che siamo già stati resuscitati con
Cristo (Col 3,1; Ef 2,5-6); certamente non si tratta di un fatto
concluso, poiché abbiamo davanti a noi tutto il pellegrinaggio
terreno, ma realmente un fatto già iniziato. È qui che risiede
la fonte della gioia e della giovialità cristiane. Dopo che
Cristo è resuscitato, non hanno più senso la tristezza e la
paura angosciosa della morte. La morte è stata smascherata come
uno spauracchio che metteva paura alla vita: "la morte è
stata ingoiata per la vittoria" (1Cor 15,55).
La resurrezione è un processo di vita nuova nel quadro della
vecchia. Tutto ciò che fa crescere la vita nella sua autenticità
umana sta alimentando i semi di resurrezione depositati nel
nostro corpo mortale. Quello che rende la vita autenticamente
umana è la ricerca dell'amore disinteressato, l'impegno per la
giustizia di tutti, soprattutto degli oppressi, lo sforzo di
creazione di strutture di convivenza fraterna, la capacità di
perdonare e di sperare contro ogni speranza.
La morte libererà la potenza di questa vita nuova e le affiderà
un'espressione simile a quella di Cristo glorioso (cfr Col 3,4).
La resurrezione è dono prezioso di Dio, ma anche costruzione
onerosa dell'essere umano, che già comincia nel presente e
maturerà fino all'eternità.
"Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino" Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi
Registrazione Tribunale di Avellino n.337 del 5.3.1996