Testi, preghiere, interventi sulla teologia della liberazione

La vita è vita solo come dono

"Ho desiderato ardentemente di mangiare questa Pasqua con voi, prima della mia passione"

Anno C - 8 aprile 2001 - Domenica delle Palme

Is 50, 4-7; Sal 21; Fil 2,6-11; Lc 22, 14-23.56

Le omelie di Leonardo Boff

(teologo brasiliano)

 

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Dio possiede una pedagogia curiosa: quando ci vuole comunicare le verità più sublimi, si serve degli esempi i più ordinari. Quando vuole mostrare come il suo disegno di liberazione si realizzi nella storia, anche quando non ci pensiamo neppure, ci parla del seme che germoglia e cresce, poco importa se l'agricoltore stia dormendo o sia sveglio. Quando ci ha voluto rivelare la forma intima e profonda della sua presenza in mezzo a noi, ha usato l'esempio degli alimenti. Come questi si fanno nostra carne e nostro sangue, così Gesù, nell'ansia di restare con noi, si è fatto nostra carne e nostro sangue. È quello che significa eucarestia, come sacramento e come mistero. Mangiare e bere sono espressione di comunione, poiché nell'atto di mangiare e bere si realizza uno dei più grandi misteri della creazione. Da un poco di materia, si alimenta la vita umana e viene fornita la base per lo spirito. Per questo, mangiare e bere non è mai un atto banale, ma sempre un'azione sacramentale. Noi non ci nutriamo soltanto, ma entriamo in comunione con gli elementi della natura. E lo facciamo all'interno di un autentico rituale. La ragione risiede nel fatto che, inconsciamente, ci rendiamo conto che la materia non è mai solo materia. È una realtà interattiva, carica di energie. E la nostra vita, per eccellente che sia, affonda le sue radici nella base materiale dell'universo. Siamo fatti della stessa materia di cui sono fatte le stelle e tutti i corpi del cosmo.
Dipendiamo per vivere da un pezzo di pane e da un po' di acqua o di vino. Pane e vino si tramutano: smettono di essere quello che sono e si fanno nostra stessa carne, nostra stessa vita.
Ora, Dio incarnato è voluto restare per sempre con noi. Non esteriormente, lasciando segnali del suo passaggio sulla terra. Ha voluto restare vivo e unito alla nostra vita quanto è unito l'alimento che ingeriamo ogni giorno e che si trasforma in nostra stessa vita. Per questo Gesù ha celebrato una cena in cui ci ha detto queste memorabili parole: "prendete, questo è il mio corpo; prendete, questo è il mio sangue". Attraverso l'eucarestia Cristo si è fatto nostro stesso corpo e noi ci siamo fatti corpo di Cristo.
L'alimento è alimento solo quando è servito agli esseri umani ed è consumato. La vita umana è umana solo quando si fa servizio e dono. È questo che si concretizza e si esprime nell'eucarestia dove Cristo si consegna totalmente. La vita quando si dona agli altri produce vita. Ed essa stessa si rende eterna, poiché realizza la logica del grano. Se vuole generare vita nuova, esso deve sacrificarsi e morire. Ma questa morte non significa perdita, come temiamo. È guadagno. È la maniera per garantire la perpetuità della vita. L'esistenza di Gesù è stata una "esistenza per", un dono continuo agli altri. Non solo nell'ultima cena, ma in tutti i momenti della sua vita. I vangeli sono pieni di esempi di amore, di solidarietà e di servizio agli altri, ai malati e ai peccatori. È Giovanni che riassume il senso del servizio di Gesù: "se qualcuno viene a me, io non lo respingerò" (Gv 6,37). Accoglie tutti e sta in mezzo a noi come chi serve.
Ora nell'ultima cena radicalizza il suo dono. Egli si dona nella forma materiale del pane e del vino per poter essere nell'intimità di chi riceve tali alimenti. Questa vita è vita divina. Per essere divina è vita eterna, è parte del Regno presente, inaugurazione del nuovo cielo e della nuova terra.
L'ultima cena ha anche la caratteristica di un ricordo e di un'alleanza. Deve sempre ricordarci il legame indefettibile che Gesù ha stabilito tra lui e l'essere umano, un legame di amore eterno. Possiamo peccare e tradire, ma questo legame non si spezza mai, poiché è suggellato con il suo sangue e con la sua vita sacrificata.
Se l'eucarestia esprime il dono totale di Gesù, allora, si comunica degnamente e autenticamente solo chi fa anche della sua vita un dono verso gli altri. Egli non ha donato la vita né sparso il sangue in maniera rituale. Egli lo ha fatto veramente. Per questo l'eucarestia non inizia né finisce nella celebrazione del rito. Esige una prassi di servizio e di costruzione di un'alleanza di fraternità tra gli esseri umani e di venerazione e rispetto verso tutti gli esseri della creazione.

 Tratto da Adista


"Il Dialogo - Periodico di Monteforte Irpino" Direttore Responsabile: Giovanni Sarubbi

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