Dal “Gesù del povero” al “Gesù per il povero”

di Mario Mariotti

Nel Vangelo Gesù dice che chi aiuta il povero sta aiutando Lui. Questo significa che il Signore è nel povero, nell'affamato ed assetato; e chi sta aiutando il povero sta aiutando Lui.
Sempre nel Vangelo, però, Gesù dice che chi fa la volontà del Padre, cioè ama e condivide, cioè lavora per togliere la fame e la sete al povero, ebbene costui diventa Padre di Lui stesso. Essendo Lui paradigma di amore incarnato, essendo Lui Dio incarnato nell'amare e condividere, ne consegue strutturalmente che chi ama e condivide, è Dio che si incarna nel Figlio per portare il necessario e la gioia al povero; ne consegue strutturalmente che, quando noi amiamo e condividiamo, siamo le mani dell'amore di Dio per noi; siamo il corpo che Gli dà esistenza ed operatività per soccorrere l'affamato e l'assetato. La sintesi di queste due posizioni si potrebbe formalizzare in questo modo: nella prima noi dobbiamo vedere Gesù nel povero; nella seconda noi dobbiamo essere Gesù per il povero.
Se proviamo ad andare in profondità, ci possiamo rendere conto che, sottese alle due posizioni, ci sono due logiche radicalmente diverse: la prima è parte della concezione religiosa di Dio; la seconda si muove nel la logica dell'Incarnazione. Nella prima ci siamo noi, c'è Gesù, c'è il
povero, e Gesù è nel povero, e noi aiutiamo il Signore nel povero.
Se noi facciamo questo, entriamo nella logica dell'Alleanza fra Dio ed il suo popolo, e alla fine avremo il premio: la vita eterna a contemplare il volto dell'Altissimo.
Nella seconda non ci sono tre soggetti, ma solo due noi, quando amiamo e condividiamo diventiamo corpo di Dio-Spirito-Amore e siamo atomo, tralcio del Padre che si incarna nel Figlio per soccorrere le sue creature, che Egli ama di amore incondizionato e diamo corpo a Dio nel mondo per trasformarlo secondo Lui steso, per consolare e saziare ogni vivente.
Uno potrebbe pensare che queste due posizioni, alla fine, si equivalgano: aiutare Gesù nel povero può sembrare analogo all'essere Gesù per il povero: essere Gesù per il povero significa amarlo come lo si ama vedendo Lui nel povero. La differenza però esiste, ed è significativa, e risiede nella qualità dell'amare.
L'amore per il povero rientra nella logica del dare-avere della religione; ed il soggetto che vede Gesù nel povero lo aiuta per averne qualcosa in cambio la salvezza dell'anima sua.
L’essere Gesù per il povero coglie la qualità dell'amore del Padre per le proprie creature, che si muove nella dimensione del gratuito, perché il Creatore ama di amore incondizionato le sue creature, come ogni padre-madre amano gratuitamente i propri figli.
L’amore, se ci pensiamo, non può non avere questa dimensione in Dio; e anche noi, quando siamo mossi dalla compassione e soccorriamo l'affamato e l'assetato, entriamo e sperimentiamo la stessa dimensione.
Vivere l'amare esaurisce in sé stesso il proprio fine, diventa gioia nel dare gioia; diventa consolazione nel togliere atomi di sofferenza e nel portare schegge di speranza…
Dio non è più un'Alterità, e uno non agisce per avere qualcosa in cambio da Lui. Non si pensa a Dio perché si è un atomo di Lui, e Si è corpo che Lo può far esistere ed operare.
Si è tralci perfetti della Vite senza essere consapevoli della Sua esistenza, la qualità dell'Amare e limpida e cristallina, ci si è liberati da sé stessi e si è scoperta la radice profonda, nonché il Fine del proprio esistere: togliere sofferenza e portare il necessario e la gioia ad ogni vivente, i minimi inclusi, tutti quanti espressioni del miracolo-vita.



Domenica 11 Febbraio,2018 Ore: 15:34