I TELEGIORNALI ITALIANI MALTRATTANO L'AFRICA, DI MICHELE LUPPI, DI NIGRIZIA

A CURA DI CARLO CASTELLINI

L'impianto narrativo dei nostri telegiornali, si accorge del continente solo in relazione a migrazioni e terrorismo. Scarsi la contestualizzazione e l'approfondimento. Un danno per tutti.
Una invasione di parole dai toni sempre più allarmistici. Lo rileva il QUINTO RAPPORTO DELLA CARTA DI ROMA (PROTOCOLLO DEONTOLOGICO DEI GIORNALISTI), dedicato al racconto dell'immigrazione nei media italiani del 2017: stando allo studio condotto dall'Osservatorio di Pavia, sui principali giornali e telegiornali, ogni dieci notizie pubblicate o trasmesse, quattro avevano un potenziale ansiogeno (nel 2016 erano soltanto due) mentre la percentuale dei titoli rassicuranti si è dimezzata passando dal 10% al 5%.
Secondo il rapporto il fenomeno migratorio conferma la propria centralità sulle prime pagine dei quotidiani, ma con un lieve calo pari al 29% rispetto al 2016,, mentre cresce nei telegiornali: 3.713 notizie in dieci mesi, con un aumento del 26% rispetto al 2016. Ad aumentare sulla stampa è soprattutto la visibilità di due dimensioni: la gestione dei flussi migratori (prima voce nel 2017 con il 44% dei titoli), e la criminalità e sicurezza (terza voce con il 16%).
Negli ultimi anni è migliorato l'utilizzo dei termini – clandestino ha lasciato progressivamente il campo a “migrante”, “profugo”, “rifugiato”, e “richiedente asilo” - ma la parola immigrazione viene sempre più accostata a concetti come violenza, radicalismo religioso e povertà. “Si registra un cambiamento del frame narrativo rispetto all'anno precedente: molte questioni al centro dell'agenda migratoria sono state (inquadrate) in una cornice problematica. L'accusa alle Ong di presunta – collusione con i trafficanti di uomini, la difficoltà nella gestione dei flussi migratori sempre più numerosi, la questione della cittadinanza
IUS SOLI), casi criminali di spiccata efferatezza, sgomberi e disordini nei centri accoglienza, occupano le prime pagine.
Si tratta di racconti che rafforzano frame negativi, dove la presenza di migranti e rifugiati, si associa “all'invasione”, al sospetto, alla minaccia per la sicurezza dei cittadini, e alle malattie. La cifra espressiva è quella della accusa “STRILLATA” che amplifica i rancori, e oscura la pacatezza dei toni, unico antidoto alla diffusione di stereotipi e discriminazioni”.
Ed è questo racconto, secondo il sociologo ILVO DIAMANTI,
direttore scientifico di Demos&Pi , ad avere favorito l'emergere del ministro dell'Interno MARCO MINNITI. “In mezzo a tanta confusione, spiega DIAMANTI, è significativo l'affermarsi di una figura autorevole, ma in fondo “autoritaria”, che interpreta l'Uomo Forte, in una società confusa. Capace di affrontare la minaccia che viene dall'altra sponda. MINNITI più di GENTILONI, più del papa e molto più di RENZI, “rappresenta” in modello individuato e utilizzato dai media per raccontare le vicende dei migranti e per indicare la soluzioni privilegiate dagli spettatori e dai lettori. Non l'integrazione, ormai assimilata, a cessione di sovranità”. (MICHELE LUPPI, a cura di Carlo Castellini).



Martedì 13 Marzo,2018 Ore: 15:37