«Musulmani, non facciamoci dividere tra "noi e loro"»

Intervista a Tariq Ramadan da Il Corriere della Sera del 1.9.04


«Si deve sfuggire al ricatto di chi vuole la spaccatura tra le due fedi»


Ha tentato di gettare un ponte tra i musulmani e il resto della società francese. Per Time Magazine è tra i 100 più significativi intellettuali del 2003: Tariq Ramadan è una delle figure più controverse del panorama europeo. Professore di Religione, Polemologia e Processi di pace all’Università Notre Dame (Chicago), la settimana scorsa il governo Usa gli ha revocato il visto, per presunti legami con gruppi islamici radicali. Fino al rapimento dei due giornalisti francesi, i gruppi islamici estremisti in Iraq avevano preso solo ostaggi i cui governi erano alleati degli Stati Uniti. Siamo a un nuovo stadio del terrorismo globale, capace di fondere la guerra alla politica degli Usa in Medio Oriente con una forma radicale di opposizione al secolarismo occidentale? In fin dei conti, il secondo capo supremo di Al Qaeda, Ayman Zawahiri, si era opposto alla legge sul velo già al momento dell’approvazione parlamentare.
«Ho paura che gente come Zawahiri, dal livello globale passi a organizzarsi a un livello locale con gruppi simili all’Esercito islamico in Iraq, che ha rapito i due giornalisti francesi. Agiscono allo stesso modo: ricorrono alla retorica antioccidentale e agli atti terroristici per produrre una frattura tra l’Islam e l’Occidente. Attaccando la legge sul velo approvata in Francia, fanno leva su un tema fortemente sentito dai musulmani nel mondo, che si sentono oppressi dall’Occidente, e in particolar modo da questa nuova legge, considerata profondamente anti-musulmana. Zawahiri e l’Esercito islamico in Iraq vogliono conquistare i musulmani al loro pensiero, secondo il quale il mondo è diviso tra noi e loro . Il mio timore è che ci riescano. Benché la Francia si fosse schierata con gli arabi contro la guerra in Iraq, è stata bollata come anti-islamica quand’è stata proposta la legge sul velo. La questione non è stata analizzata criticamente ma caricata di emozioni e passioni. Questo non significa che la maggior parte dei musulmani sia a favore dei rapimenti e delle uccisioni degli ostaggi, ma c’è un’atmosfera diffusa, la crescente percezione dell’esistenza di un noi e di un loro ».
Come dovrebbero rispondere la Francia e gli altri governi occidentali ai rapimenti? E come dovrebbero rispondere i musulmani in Francia e nel resto dell’Occidente?
«I governi non dovrebbero dare seguito a questo genere di ricatto. Non è accettabile. Per i musulmani occidentali si tratta di rifiutare una visione del mondo avvelenata dalla contrapposizione. I musulmani occidentali devono assumere posizioni esplicite se vogliono essere compresi dalle società nelle quali vivono così come dai loro fratelli musulmani nel mondo. La situazione è delicata. Per dirla tutta, un musulmano americano critico nei confronti della politica americana in Medio Oriente, è considerato una specie di traditore del suo Paese: musulmano prima che americano. Il cittadino che ho in mente io, è invece capace di esprimere le proprie opinioni e metterle a disposizione della crescita di una società libera. L’America e l’Europa dovrebbero trarre vantaggio dalla presenza musulmana per imparare a comunicare con il mondo musulmano nel suo insieme. Al tempo stesso, i musulmani occidentali hanno il dovere di diffondere un messaggio: "Viviamo in democrazia, rispettiamo lo Stato di diritto, rispettiamo il dialogo politico aperto e vogliamo lo stesso per tutti i musulmani". Accettare una società aperta non significa tradire i principi musulmani. Lo Stato laico rende possibile la convivenza, è la condizione indispensabile alla pratica della libertà religiosa. Il futuro del mondo islamico dipende in gran parte dalle scelte dei musulmani occidentali. Possono esistere modelli infiniti ma i principi sono universali: sovranità della legge, pari diritti di cittadinanza sganciati! dalla r eligione, suffragio universale, responsabilità dei capi».
Di quali mezzi dispongono i musulmani che si oppongono alla legge sul velo, per misurarsi con queste condizioni?
«Io mi sono schierato contro l’approvazione della norma che impedisce di esibire "simboli religiosi" - velo islamico incluso - nelle scuole pubbliche. Ma ora che è stata approvata, è legge. Chi è cittadino francese, e musulmano, può continuare attraverso il dialogo democratico a cercare il modo di conciliare la legge con la fede islamica. Ad esempio, si può esercitare pressione in favore di una sua interpretazione che permetta alle ragazze musulmane di portare copricapo discreti, che non siano segno di inclinazioni fondamentaliste, ma solo di rispetto per il credo religioso individuale, o di libertà di coscienza. Perché non una semplice bandana che copra i capelli? Nessuno dovrebbe avere il diritto di costringere una donna a indossare o non indossare il jihab. Sarebbe un errore bandire le donne dal sistema scolastico pubblico, risultato totalmente contrario alle intenzioni sottese alla legge, che punta invece all’integrazione, nel rispetto dei principi dello Stato francese. E i musulmani non dovrebbero essere esposti alla tentazione di proteggersi in sistemi scolastici paralleli, che li isolino dal resto della società confinandoli in ghetti e generando un meccanismo schizofrenico. Chiarezza: rispettiamo la legge anche se non siamo d’accordo. Dobbiamo stare dalla parte del governo francese».
Dopo le stragi di Madrid e, ora, il rapimento dei giornalisti francesi, si aspetta un contraccolpo per i musulmani in Europa?
«Sì. Già lo vedo: l’atmosfera è elettrica, i musulmani sono guardati con sospetto. La situazione in America non sembra diversa: il mio visto per continuare a insegnare all’Università Notre Dame è stato improvvisamente revocato la settimana scorsa per "sospetti" sulle mie attività e i miei contatti. Ma i musulmani non devono indulgere al vittimismo. Non dobbiamo! schiera rci sulla difensiva e isolarci, né lasciarci identificare come potenziali sospetti. Siamo musulmani e crediamo nei nostri valori. Siamo cittadini. Condanna ciò che è sbagliato, promuovi ciò che è giusto».
Global Viewpoint
(traduzione di
Maria Serena Natale)



Giovedì, 02 settembre 2004