LA VERA IMMAGINE DELLA CHIESA SECONDO PAPA FRANCESCO

di Maria Teresa D’Antea

Chi ha ascoltato l’omelia pronunciata da papa Francesco nella basilica di San Pietro durante la messa del primo gennaio 2018 non può che essere felice di vivere in un tempo di grazia vivificato da un Pastore come lui. Nel linguaggio estremamente semplice di questo grande sacerdote si avverte una profonda cultura teologica, costruita non solo sui libri, come ogni buon gesuita fa, ma conquistata faticosamente attraverso l’avventura di un’anima che col cuore dialoga con Dio e col cervello si interroga se il gregge affidatogli è stato ben guidato nel passato e, cosa più seria, se lo sia nel presente. Tutti sono concordi nel dire che papa Francesco ha un nuovo stile di comunicazione, come se lo stile fosse fatto solo di parole e non di sostanza. Di questo papa è nuovo il modo di svolgere il suo magistero che, pur continuando la linea dei predecessori, se ne differenzia tanto. Non è infatti lo stile che fa la persona, ma è la persona a fare lo stile. E papa Francesco piace e attrae perché non è clericale, non dice parole separate dal significato che dovrebbero veicolare, in quanto stancamente ripetute, usurate da un impiego spesso non coerente col vissuto. Lo stile di Francesco veicola veramente il senso delle parole dette, non c’è separazione fra la Parola e il suo modo di accoglierla in sé e quindi di viverla. In lui non c’è fariseismo.
L’omelia del primo gennaio, nella sua semplicità, è un capolavoro di cultura teologica mariana fin dalle prime battute. Così ha esordito il santo padre: “ L’anno si apre nel nome della Madre di Dio. Lei custodisce nel silenzio tutto quello che sente dire di suo Figlio”. Nella tradizione clericale il silenzio di Maria è sempre stato inteso come silenzio della bocca, della donna che sta zitta perché quello deve essere il suo ruolo. Per papa Francesco invece il silenzio di Maria è un prezioso silenzio di custodia, che salva la Parola “dalla futile banalità del mondo, dai clamori delle chiacchiere”. E’ un silenzio prezioso, ricco, fecondato dalla sapienza di Dio con cui Maria è in perpetuo dialogo. E’ un silenzio impregnato della travolgente profezia del Magnificat, secondo la quale le sorti del mondo saranno ribaltate. Non so se questo modo di intendere il silenzio di Maria abbia sugli altri lo stesso effetto che ha su di me. Da una vita attendo la promozione umana, morale e civile della donna nella società e nella Chiesa e le parole di Francesco mi aprono uno squarcio di speranza prima di morire, soprattutto per la loro valenza teologica. Sul modo di intendere la figura biblica di Maria si fonda tutto il modo di intendere il ruolo della donna, che fino ad oggi è stato relegato al silenzio acustico, al servizio dell’uomo, all’assistenza dell’infanzia.
Ma quando Francesco, sempre nella stessa omelia, ci esorta a partire dalla Madre di Dio, perché è Lei figura della Chiesa, il cuore mi si dilata e la speranza vola. Francesco vorrebbe una Chiesa come Maria: “umile, povera di cose e ricca di amore” perché possa custodire nel silenzio interiore e non sulla ribalta del mondo, la Parola. E’ stato significativo quando ha invitato l’assemblea a ripetere con lui per tre volte “Santa Madre di Dio, Santa Madre di Dio, Santa Madre di Dio”, aggiungendo che la devozione a Maria non deve essere “un semplice galateo spirituale”. Si tratta di formidabili dritte teologiche, che speriamo arrivino alle orecchie cui sono dirette.
Maria Teresa D’Antea

 



Giovedì 11 Gennaio,2018 Ore: 21:06